L'adolescenza non è sempre stata problematica!
Questo video dice una cosa importante su cui vale la pena riflettere, anche perché parla di adolescenza, e ne parla un giovane.
Dovete scusarmi, pur sforzandomi, non sono riuscito ad essere sintetico. La realtà non è fatta solo di concetti banali e parlarne banalizzando non serve a niente.
Secondo le ricerche di Riccardo Camarda l'adolescenza, e più in particolare i problemi adolescenziali, non sono sempre esistiti, almeno come li conosciamo adesso, ma sono il prodotto del nuovo sistema sociale.
Riccardo arriva a dire che il concetto di adolescente sia nato da un'esigenza del sistema economico consumistico americano, ed è da allora che è nata l'adolescenza così come la conosciamo e tutti i problemi che si porta avanti.
L'adolescenza sarebbe nata dall'esigenza di aumentare i consumi senza aumentare le persone coinvolte nella produzione. Questa nuova categoria sociale rappresenta la soluzione ideale: giovani che studiano (e quindi non lavorano!) ma che hanno desideri e passioni da soddisfare, e quindi consumano. Consumano molto! Perché hanno un sacco di tempo libero e di desideri da colmare.
Forse non possiamo sapere con certezza se questo fenomeno sia avvenuto volontariamente e come frutto di un calcolo strategico consapevole, ma l'ipotesi è molto interessante e, a mio parere, spiega molto dei drammi dell'adolescenza e dei giovani in generale.
Già, perché tutti i problemi nascono da errori che non riusciamo o non vogliamo vedere e risolvere.
Qui il problema sta nel fatto che fino a circa 10 anni i bambini spesso si accontentano di giocare e imparare.
Ma poi non basta più. Si vuole fare, ci si vuole mettere alla prova, ci si vuole sentire utili, si vuole avere un ruolo nella società, si vuole iniziare ad essere indipendenti.
E come si fa se il tuo unico compito deve essere quello di studiare e prendere buoni voti? Se non c'è alternativa? Non basta la sfida della scuola, almeno non per tutti.
Lo studio non può essere e diventare una gabbia, una prigione, per quanto benefica.
Inoltre non so fino a che punto sia sano passare in modo così improvviso dallo studio allo stato "puro" al lavoro. Due mondi tutto sommato piuttosto diversi.
Io penso che ci sia la necessità di rivedere i diritti dei giovani, troppo comodo rifugiarsi nel sacrosanto diritto allo studio e nel diritto a non dover lavorare!
Il diritto a lavorare, ovvero il diritto a poter essere utili e il diritto ad essere ricompensati per l'impegno, è sacrosanto. Il diritto a poter diventare indipendenti è inalienabile. Il lavoro non può essere letto solo come sfruttamento. ll lavoro è ben altro e oserei dire che sta quasi diventando un privilegio.
Penso che i giovani debbano avere il diritto di confrontarsi col mondo lavorativo in modo più graduale e libero. Mano a mano che acquisiscono le competenze e il bisogno di inserirsi in modo attivo nella società.
Vivere fino a 20-25 anni solo in un'ottica scolastica è come vivere in una bolla, incapaci di comprendere pienamente i ritmi e le dinamiche a cui si dovrà prendere parte successivamente.
Io penso che sia venuto il momento per una crescita di consapevolezza da parte dei più giovani. Il tempo per una revisione delle regole.
I tempi sono maturi.
La battaglia dovrà essere loro. Perché non può essere altrimenti.
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