Donazioni incomplete
Ieri ho letto un libro: Attraverso i nostri occhi di Nicolò Govoni. Bello 🙂
A dire il vero avrei voluto comprare il suo nuovo libro "Fortuna", ma non ho avuto il coraggio, troppo lungo. È strano provare quasi paura ad affrontare un libro che sai debba parlare di sofferenza.
Ho scelto di iniziare a conoscere Nicolò a partire dall'esperienza del campo profughi di Samos.
Nicolò, a Samos in Grecia, ha aperto Mazì, una scuola per profughi che ridona speranza a bambini/e e ragazzi/e sprofondati nell'inferno dei campi.
Nicolò mi ha riportato, ancora una volta, a pensare e riflettere su ciò che più mi scoraggia: la disperazione e la sofferenza di troppa gente.
Non è l'indifferenza, in molti di noi, che ci chiude il cuore, che ci impedisce di fare i primi passi. È lo scoraggiamento, la sensazione di impotenza difronte a problemi troppo grossi. Vorresti poter aiutare tutti ma ti sembra di non poter aiutare nessuno.
Vedere un banchetto o una "pubblicità" che chiede donazioni (per i bambini, per i rifugiati, per le vittime di abuso, per i malati, per l'ambiente, per gli animali...) mi mette quasi la nausea.
Alla sensazione di impotenza si aggiunge la sfiducia e la paura che quel poco che potrei dare non venga utilizzato bene o addirittura che i miei soldi possano essere utilizzati per un giro d'affari che non sono in grado di controllare e comprendere, magari in alcuni casi addirittura criminale.
La fiducia è tutto in queste cose.
Rimango convinto che ognuno di noi dovrebbe dare parte delle sue energie per aiutare gli altri e per migliorare il mondo. E questo non solo per migliorare la vita di altri meno fortunati, ma per migliorare se stessi.
Ma questa energia, questo dono, non può essere solo un'offerta economica.
Senza voler togliere il valore di questa azione, che potenzialmente può dare un grosso aiuto, tuttavia io non riesco a sentirmi a mio agio, c'è qualcosa che non mi piace e soprattutto qualcosa che mi manca.
Sto ragionando su questo perché non penso sia un problema solo mio, forse è un ostacolo grosso e superarlo potrebbe aprire qualche orizzonte.
Ciò che più mi manca è la relazione, lo scambio con coloro che sto aiutando.
Non solo i miei soldi si uniranno ad altri e non saprò mai come verranno realmente utilizzati, ma non potrò mai comunicare, tramite loro, le mie emozioni, le mie speranze, un mio messaggio. Non potrò mai conoscere chi ho aiutato, non riuscirò mai a sapere se era altro ciò di cui avrebbero avuto bisogno e non potrò mai seguire la loro storia.
Nella donazione ci perdiamo il contatto umano, lo scambio. E questo è un danno per entrambi a cui andrebbe trovata una soluzione accettabile.
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